Intervento alle presentazioni provinciali del "Rapporto regionale 2008"

Discorso del direttore generale Luigi Catalano tenuto presso le nove province della Regione (ottobre-novembre 2008)

In questi anni, nel commentare i dati della  scuola dell’Emilia-Romagna, ormai tradizione acquisita, strumento di riflessione, ricerca e lavoro indispensabile, si è fatto ricorso con frequenza alla metafora di “laboratorio”. L’Emilia-Romagna come luogo in cui, tendenze ed azioni previste o solo annunciate a livello nazionale, venivano vissute in prima battuta e sperimentate fattivamente e positivamente sul territorio.

Dalla lettura dei vari “inserti” provinciali, in questo Rapporto 2008 emerge il superamento di questa idea di laboratorio, a favore di un consolidamento e di un radicamento di scelte che solo qualche anno fa apparivano pioneristiche, sperimentali. I termini ricorrenti di innovazione, progettualità, investimento, costituiscono il filo rosso di un’azione ormai radicata e comune a tutte le province. La ricerca di soluzioni nuove che mirino al successo formativo attraverso progetti pluriennali ed investimenti condivisi con gli enti locali, le associazioni, le “reti territoriali” è ormai nel DNA dell’azione di governo della scuola a livello regionale. L’idea di governance che a più riprese ritorna nelle sintesi introduttive dei dati, oltre a realizzare a livello provinciale gli obiettivi indicati dal Titolo V della carta costituzionale, rappresenta bene il cammino di gestione condivisa dei processi che a livello regionale ho ereditato e che, ostinatamente e con criterio, l’USR da me diretto costruisce nel tessere i molteplici rapporti quotidiani in primis con Regione, Province, Comuni, ma anche con la molteplicità di associazioni, reti, organizzazioni pubbliche e private che di scuola vivono e si occupano.

Un “sistema-scuola” che costituisce anche la principale lente di analisi di questi dati. Percorrendo orizzontalmente i vari rapporti provinciali, pur nelle specificità e nelle vocazioni locali – spesso tradizioni educative di fama nazionale e mondiale – si scorgono minimi comuni denominatori che costituiscono la nostra carta d’identità.

L’aumento della popolazione degli studenti, in primis di stranieri; un dato che nella riflessione e nella prassi non viene mai decontestualizzato dalla consapevolezza della necessità della crescita nell’acquisizione dei saperi. Alla stessa maniera, il successo, tanto quanto l’insuccesso scolastico, rappresenta il feed back di miglioramento per l’attivazione di azioni di sostegno a docenti, studenti, famiglie.

Da non dimenticare, poi, l’attenzione alle competenze e alla loro spendibilità, sempre giocata in molte delle iniziative regionali sul piano dell’apertura della scuola al territorio e alla società e, quindi, al mondo del lavoro e delle professioni.

Ma anche la cura dell’orientamento come strumento formativo per la crescita del singolo, finalizzato alla valorizzazione del patrimonio di “sapienza” scolastica insito, per esempio, in molte delle nostre istituzioni scolastiche tecniche e professionali.

Non posso non evidenziare, proprio a partire dal contesto dei tecnici e dei professionali, la molteplicità delle eccellenze che, insieme ad un’attenzione a tutte le molteplici richieste che provengono dal territorio, vedono impegnate tutte le province in ambiti specifici. Penso alla scuola dell’infanzia, agli stranieri, alle scienze, all’alternanza scuola-lavoro, all’educazione degli adulti, settori di intervento dove l’accordo istituzionale, la passione di insegnanti e specialisti, la sensibilità di dirigenti e docenti permettono la realizzazione di iniziative che lasciano il segno e sono destinate a durare, patrimonio di tutta la scuola dell’Emilia-Romagna.

Questa è la fotografia dell’oggi. Ma se ci fermassimo qui, alla rilevazione di questo pullulare di iniziative e tensioni verso l’innovazione, di capacità di fare rete, di costruire alleanze con gli enti locali e di sinergie dei significativi investimenti anche economici, rischieremmo di fare del Rapporto un esercizio di sterile statistica, e di trasformare in questi incontri di presentazione in occasioni per sfoggiare retorica

Permettetemi, allora, proprio di fronte a questa platea di dirigenti scolastici e amministratori locali, la più competente per decisioni e volontà, di fare come il buon padre di famiglia che addita anche i punti di criticità e cerca una sintesi per superarli.

Abbiamo dei livelli di apprendimento verso i 13-14 anni che non sono soddisfacenti, basti pensare a quel 20% di ragazzi che non è sufficiente in matematica o lingue straniere. E le conseguenze, poi, le saggiamo a 15 anni, come insegna, con le sue luci ed ombre, OCSE PISA.

Troppi i debiti formativi alle superiori; eccessive le differenze tra licei, tecnici, professionali.

Emergono qua e là fenomeni di disaffezione dei ragazzi verso la scuola, i ritardi tendono ad accumularsi, non riusciamo sempre a stimolare il merito e l’eccellenza. In prospettiva, vanno migliorati i rapporti con l’università e il mondo del lavoro, già ottimi in molte realtà, anche se a macchia di leopardo; infine bisogna aiutare i più giovani ad inserirsi maggiormente nella vita culturale e civile della regione.

Superare i punti di debolezza, migliorare la qualità, sviluppare il merito, dare il senso ai ragazzi che andare a scuola e studiare valga la pena; tutti questi sono obiettivi ambiziosi per cui vale la pena impegnarsi, insistere sull’idea delle “grandi alleanze”, in primo luogo tra scuola e società civile. E non solo in linea di principio, ma anche sul fronte degli investimenti.

Dobbiamo coordinare meglio le risorse per lo sviluppo del sistema: i dati contabili ci dicono che se lo Stato mette 100 (quasi tutto per il personale), il sistema delle autonomie mette 30 (per il funzionamento).

Se ciò non basta o non permette di ottenere risultati conseguenti, è perchè è necessario concentrare le risorse sulle emergenze toccate dal rapporto, provincia per provincia, comune per comune. Potrei generalizzare suggerendo di favorire l’incremento del budget per la qualità (la formazione degli operatori, lo sviluppo delle tecnologie, la promozione delle lingue straniere), per il contrasto al disagio (comunque esso si manifesti).

Ma sarebbe un esercizio di generalizzazione che rischia di non entrare nel merito delle differenti realtà che mostrano – ed il rapporto lo evidenzia – esigenze ben più differenziate.

Insomma, il mio auspicio è che il rapporto non resti dichiarazione d’intenti, ma, a partire dagli ambiti individuati a livello provinciale, possa aiutare a convogliare gli sforzi laddove ce n’è proprio bisogno, senza disperdere energie preziose in rivoli di iniziative disparate. Confermeremmo, così, con i fatti, il valore della scelta di evidenziare nel volume le singole realtà provinciali.

Ribadisco: già oggi c’è un ricco sistema di rapporti e intese ai diversi livelli. Dobbiamo impegnarci a potenziarlo, svilupparlo e renderlo più visibile.

C’è spazio per delineare nuove strategie regionali di rapporto certamente tra l’USR e la Regione (già abbiamo molti protocolli e sedi di lavoro comune: ricordo il seminario regionale del 17 novembre sugli istituti comprensivi, dove faremo il punto su una presenza  importante nella nostra scuola).

Ci interessa fortemente la formazione delle figure che hanno responsabilità nel buon funzionamento di questo sistema allargato (la scuola di formazione per i dirigenti, le azioni per i DSGA), ed in questi mesi ci rivolgeremo proprio verso i territori, al fine di coinvolgere sempre più amministrazioni locali.

Da una migliore conoscenza della nostra scuola, possono scaturire le strategie per il suo miglioramento continuo; il mio grazie va dunque a tutti coloro che hanno collaborato alla elaborazione di questi strumenti conoscitivi.

Ma un ringraziamento anticipato, va anche a coloro che, dalla lettura e conoscenza del funzionamento della nostra scuola, vorranno trarre stimoli per nuove iniziative a favore della sua qualità.

Luigi Catalano

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data di creazione: 05/11/2008
data di modifica: 18/11/2008