Convegno: Crescere, le adolescenze e i loro mondi

Intervento del direttore generale Luigi Catalano, Bologna, 22 novembre 2007 – ore 9.30 Aula Magna della Scuola Superiore della Pubblica Amministrazione della Presidenza del Consiglio

Ho ascoltato con grande interesse gli autorevoli interventi che mi hanno preceduto e ringrazio gli organizzatori del convegno, per avermi invitato a confrontarmi su tematiche che per l’USR dell’Emilia-Romagna costituiscono argomento di riflessione pressocchè quotidiana, nonché punto di partenza per l’attivazione di iniziative che migliorino lo star bene a scuola di docenti e studenti. Il patrocinio a convegni come questo non è solo un atto dovuto, ma risponde più concretamente alla nostra vocazione di scuola che vive ed agisce nelle trame più profonde del tessuto locale.

Le adolescenze e i loro mondi, dunque…

Declinare al plurale nel titolo quello che è il focus tematico di questo convegno, non costituisce semplicemente una trovata linguistica. E’, piuttosto, specchio della realtà con cui ci confrontiamo quotidianamente come comunità educante. Oggi più che mai è il paradigma della complessità a farla da padrone in quest’ambito.

Se un tempo la complessità era dominante all’interno dell’esperienza di vita dei ragazzi che si avvicinavano all’età adulta - una connotazione interiore rispetto ad una sostanziale solidità di riferimenti del mondo al quale si affacciavano - oggi l’instabilità coinvolge l’intera prospettiva di vita. Con il risultato che il quindicenne attuale deve confrontarsi con una doppia fragilità: la propria e quella della “modernità liquida” (secondo la connotazione data dal sociologo Baumann) che lo circonda.

Il carattere di pluralità delle dimensioni in cui vive l’adolescente indica, in qualche modo, anche la strategia che l’esperienza e le molteplici iniziative avviate in Emilia-Romagna suggeriscono: il coinvolgimento di una pluralità di attori, famiglie, scuole, ministero, enti locali, associazioni. Ognuno nel suo campo e con le sue competenze, ma tutti con un obiettivo comune e difficile: aiutare i nostri ragazzi a crescere.

Negli anni Settanta andava di gran moda la pedagogia degli “ambienti di vita”; vale a dire, l’idea per cui gli educatori non potevano procedere nella loro azione a compartimenti stagni, ma dovessero far interagire i contesti in cui il preadolescente e l’adolescente costruiscono la loro rete di affetti e relazioni.

L’attualità di questa intuizione è oggi presente in maniera forte a partire dai più recenti documenti che costituiscono l’impalcatura della progettualità educativa impostata dal MPI. Le Indicazioni per il curricolo per la scuola primaria e secondaria di primo grado, per esempio, con i loro obiettivi e traguardi insistono in maniera significativa sulla valorizzazione dell’ambiente d’apprendimento. Dando la sensazione che quasi la parola stessa – ambiente – sia portatrice di una connotazione positiva che da sola evochi uno star bene, una crescita piena.

Ma anche gli ambienti più protetti sono soggetti ad inquinamento, a degrado. E ciò accade se non si tiene conto della globalità in cui quell’ambiente è immerso, se non si rispettano gli equilibri, se non si mira alla conservazione attraverso la tutela dei più deboli.

Spesso, però, in un clima di amplificazione – anche mediatica, vedi alla voce “Bullismo e dintorni” - delle difficoltà che si vivono nelle aule, si dimentica con sempre maggiore frequenza che i più deboli sono coloro che danno significato all’esistenza stessa dell’istituzione scuola: i nostri ragazzi.

Una scuola che non riconosce questa centralità è una scuola che rischia di sopportare come una presenza pericolosa, fastidiosa, quasi corrotta, quella fetta di umanità adolescenziale che richiede maggiormente il nostro aiuto. Una scuola che riconoscesse soltanto questa centralità perdendo di vista la sua missione che è l’insegnamento/apprendimento – renderebbe la sua azione inane, dando spazio a sterili sociologismi.

Ma l’attenzione all’apprendimento non può crescere in un clima di separatezza della scuola rispetto al mondo circostante e ai mondi dei singoli ragazzi che si trova di fronte.

In questa direzione va l’attenzione e lo spazio che il MPI – e, conseguentemente l’USR Emilia-Romagna nella propria originale declinazione regionale - sta riservando ad un tema centrale quale quello della cittadinanza, sia nelle Indicazioni per il curricolo che nel nuovo Obbligo d’istruzione. Una cittadinanza che è figlia delle competenze e trova a scuola come veicolo naturale, i saperi.

Mi permetto, infine, di avanzare più che delle proposte, quelle che considero delle suggestioni; che, però, sono anche all’origine di molte delle scelte che come USR stiamo portando avanti, e non da ieri.

Credo, in prima istanza, che, come in molti altri campi della vita scolastica, quello che oggi appare limite deve diventare risorsa, opportunità. Pensiamo al rapporto degli adolescenti con i nuovi media, al loro essere totalmente immersi in queste realtà comunicative, al loro gestire con eccezionale padronanza la molteplicità di stimoli cui sono sottoposti. Ecco, tutto questo, in relazione alle problematiche dell’adolescenza e alla scuola, spesso ha una rilevanza solo in termini di sopruso e censura. Non sto qui a rammentare a tutti gli episodi – anche recentissimi – legati a video oltraggiosi e alla loro diffusione in rete. La scuola, a mio parere, non può però negare l’esistenza di questa presenza ingombrante dei nuovi media. Per dare una chance di crescita coerente alla propria missione deve porsi in un’ottica di educazione ai sentimenti ma anche all’espressione. Solo così immagini e valori potranno incontrarsi. In maniera che dalle aule escano video, sì, ma pieni di voglia di esprimersi!

In seconda istanza, va valorizzato il patrimonio di saperi, le competenze scolastiche e, conseguentemente, il sostegno alle scelte di studio che si compiono proprio in adolescenza. Si guardi alle scuole tecniche e professionali della nostra regione che, nella misura in cui sanno offrire ai nostri studenti panorami di offerta formativa e competenze spendibili, danno senso e peso alle ore passate tra i banchi di scuola e alla realizzazione personale.

In ultima istanza, vanno potenziate le sinergie tra tutti i “costruttori di benessere” dello studente, sulla scorta, per esempio, del piano per il Ben…essere dello studente fortemente voluto dal Ministro Fioroni e fautore di un’idea di interesse a 360 gradi verso il mondo adolescenziale. In assenza di questo interesse molteplice, il limite è di amplificare la separatezza e l’autoreferenzialità della scuola, di dar spazio alla “progressiva anestesia” che l’interiorità dell’adolescente realizza “nei confronti degli stimoli provenienti dal mondo scolastico”. Parole di Gustavo Pietropolli Charmet, che ha studiato a fondo il mondo adolescenziale. E che conclude: “ciò che succede a scuola rischia di rimanere periferico e affettivamente marginale”. Di fronte ai rischi della marginalità affettiva non c’è ricetta salvifica che tenga; ma c’è l’attenzione ai segnali e la sincerità del nostro essere adulti: mettiamole in gioco.
Luigi Catalano
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data di creazione: 23/11/2007
data di modifica: 26/11/2007