Convegno: Alta formazione per gli insegnanti

Intervento del direttore generale Luigi Catalano, Fondazione Alma Mater, Bologna, 31 maggio 2007

Cambia l’idea di aggiornamento

L’investimento (finanziario, culturale, progettuale) sulla formazione permanente degli insegnanti e delle altre professionalità (dirigenti scolastici, figure intermedie) che operano nella scuola è la condizione necessaria per il successo di qualsiasi processo di innovazione del nostro sistema educativo, anzi, per il suo stesso funzionamento quotidiano.

La formazione non risponde soltanto all’esigenza di aggiornare e adeguare le conoscenze e le competenze dei docenti, quasi a volerli accompagnare nei momenti di trasformazione della nostra scuola. Oggi comunque, le richieste di cambiamento sono continue, non solo per il susseguirsi delle proposte di riforme (questo è semmai è un fattore di fragilità del sistema educativo).

La partecipazione alle attività di formazione in servizio, oltre ad essere un diritto contrattualmente sancito, è piuttosto elemento costitutivo della professionalità di tutti gli operatori impegnati nella scuola dell’autonomia. L’autonomia scolastica è il nuovo contesto in cui si misura la professionalità degli insegnanti, perché la scuola mette al centro del suo impegno nuove e impegnative responsabilità:

- la promozione del successo nella formazione degli alunni;

- la rendicontazione nei confronti delle famiglie e della comunità;

- la piena condivisione del progetto educativo della propria scuola.

In questa ottica, la formazione non è un evento estemporaneo, ma un processo di sviluppo e miglioramento continuo, che nasce dalla riflessione critica sulle proprie pratiche, che incide sulla propria biografia umana e professionale (determina benessere), che avviene prevalentemente nel proprio contesto professionale (comunità di pratiche). Essa si traduce in azione di ricerca sull’insegnamento (collegata all’autonomia di ricerca delle scuole), con riscontri sui livelli di efficacia degli insegnamenti e degli apprendimenti degli allievi.

Siamo quindi lontani dalla formula di routine del “corso di aggiornamento”. La formazione permanente già oggi si esplica in una pluralità di tipologie e di modalità che insieme determinano un vero e proprio ambiente di apprendimento per gli insegnanti e le altre figure scolastiche coinvolte. Possiamo infatti individuare:

- la partecipazione a programmi di formazione a distanza e-learning (piattaforme on line);

- l’allestimento di corsi, eventi e azioni in/formative in presenza (corsi brevi “classici”);

- l’attivazione di gruppi di ricerca-formazione-miglioramento (di scuola o in rete);

- l’incentivazione di percorsi personalizzati di autoformazione (borse di ricerca, ecc.);

- l’offerta di opportunità “esterne” alla scuola: stages, scambi e seminari;

- l’acquisizione di titoli e specializzazioni (master, corsi di alta formazione, ecc.) presso Università e Istituti scientifici.

Il ruolo dell’università

Una formazione in servizio “di eccellenza” implica un percorso di formazione iniziale di alta qualità. Solo da pochi anni stiamo sperimentando nuove modalità di formazione dei docenti (presso le SSIS per la scuola secondaria ed i Corsi di laurea per la formazione primaria), con percorsi formativi “dedicati” e professionalizzanti. Tuttavia le interminabili code del reclutamento transitorio, del precariato da sanare, delle abilitazioni speciali, rendono meno cristallino lo sforzo di elevare la professionalità docente.

E’ evidente che la formazione iniziale (vedi legge n. 53 del 28-3-2003 con il correlato decreto applicativo D.lvo 17-10-2005, n. 227 oggi in fase di riformulazione) implica un percorso formativo “lungo”, che deve saper abbinare l’acquisizione di competenze culturali con lo sviluppo ed il primo allenamento di attitudini professionali. Così, è cresciuto l’intreccio tra formazione accademica e formazione sul campo (laboratori, tirocini, praticantato). Sono emerse anche nuove figure professionali (supervisori, responsabili di tirocinio, tutor) e molti insegnanti ed operatori sono coinvolti a pieno titolo nella vita universitaria.

Evidentemente il cambiamento nella formazione iniziale avrà degli effetti anche sui modelli di formazione in servizio, senza per questo “delegare” all’Università la formazione permanente. Il baricentro sarà, per tutti i motivi sopra detti, la scuola autonoma (o le reti di scuole) che si avvarranno del contributo qualificato delle Università (in forma di partenariato alla pari).

     Il rapporto tra Università (prima formazione) e scuola (formazione in servizio) è indispensabile, perché nel profilo di un docente esiste uno stretto legame tra preparazione culturale (padroneggiamento dei saperi) e pratiche didattiche, contesti operativi, riflessione sull’esperienza. La competenza professionale non si può costruire a priori, in astratto, ma si alimenta attraverso un continuo rimando tra l’esperienza e la sua ricostruzione cognitivo-riflessiva.

Il rapporto USR-Univesità di Bologna

Questa filosofia ha ispirato il protocollo di intesa tra Università di Bologna, IRRE ER, Ufficio Scolastico Regionale per l’Emilia-Romagna stipulato nel settembre 2003 e che ora dovremo rivedere alla luce dell’esperienza realizzata e della diversa natura giuridica assunta dall’IRRE ER (che si trasforma in Agenzia Nazionale, con un suo nucleo regionale).

La realizzazione di Corsi di Alta formazione (nel corso del 2006-07) è coerente con il sistema che stiamo tratteggiando, soprattutto in relazione alla co-progettazione delle iniziative, al coinvolgimento di operatori scolastici in funzione di tutor. Resta da approfondire il legame tra le attività formative (certificate, anche a seguito di una prova finale) e la possibile ricaduta della formazione nella concreta organizzazione scolastica (il follow up).

Ci siamo posti questo problema anche a seguito di un’ampia esperienza formativa in partenerariato, sviluppata a Rimini sempre nell’ambito del protocollo con l’Università di Bologna. Al centro era la formazione di figure di supporto all’autonomia (tutor dell’innovazione, tutor di rete di scuole). Infatti, nella legge 53/2003, il ruolo delle Università viene chiamato in causa anche in relazione allo sviluppo di nuove funzioni o figure professionali. Si tratta di un terreno assai fertile, perché strettamente connesso con l’autonomia della scuola, che implica l’emergere e il consolidamento di una “leadership collaborativa” all’interno di ogni istituzione scolastica. Infatti, è indispensabile presidiare funzioni (progettare, formare, documentare, valutare, fare ricerca, ecc.) sempre più necessarie allo sviluppo di modelli organizzativi e curricolari complessi.

Nel progetto riminese, mentre le attività formative –per circa 100 insegnanti, con l’apporto di 6 Facoltà dell’ateneo bolognese- sono state di sicuro successo (rilevazione bisogni, coprogettazione, staff di tutor integrati, piattaforma di supporto, consulenza, produzione di materiali, ecc.) la ricaduta in termini di progettazione successiva nelle scuole e di concreto utilizzo delle nuove figure, pur con assistenza di docenti universitari, è risultata più complessa e comunque legata alle dinamiche “vischiose” delle nostre istituzioni scolastiche, dove l’avvio di processi di innovazione si presenta meno lineare e causale di quanto possiamo immaginare. Ma non per questo dobbiamo desistere dal programmare percorsi formativi di qualità.

Infatti, un diverso rapporto tra Università e scuole è fondativo di un diverso concetto di formazione in servizio. Non è più tempo di “aggiornamento”, né di “formazione in servizio”, ma piuttosto di “sviluppo professionale” dei docenti.

La formazione non può ridursi a generiche conferenze tenute da relatori più o meno qualificati, ma dovrebbero trasformarsi in programmi di formazione “garantiti” nella loro qualità, attraverso l’adozione di alcuni standard, che però stentano a delinearsi nella loro compiutezza. Così diventa difficile certificare una formazione di qualità. Oggi non abbiamo un sistema di certificazione di “crediti formativi” per gli insegnanti che possa essere paragonato a quanto, invece, accade nel sistema sanitario o per gli studenti che frequentano le Università.

Il protocollo d’intesa ha avuto il merito di avanzare proposte concrete in merito alla certificazione delle attività ed al rilascio di crediti (esiste a tal fine un accordo tra le parti, recepito nel Contratto regionale sulla formazione).(v.appendice)

       Ad esempio, sia il progetto Rimini, sia i corsi di alta formazione, nascono da alcuni presupposti innovativi sul piano metodologico: le tradizionali lezioni (attraverso input forniti da esperti) vanno integrate con attività di autoformazione (assistite da una apposita equipe tutoriale, eventualmente utilizzando le tecnologie dell’e-learning) e di sviluppo sul campo (work-project) con la realizzazione di progetti di ricerca-azione nelle scuole di appartenenza.

     Il messaggio è esplicito: non ci si forma solo per “adeguarsi” alle nuove richieste, né solo per “preparare” i cambiamenti, ma piuttosto impegnandosi in prima persona in un percorso evolutivo della professione. Serve dunque una guida (un tutor che accompagna un processo di autoformazione). Il “tutor” ideale potrà essere un docente “esperto” e fortemente motivato, meglio ancora un gruppo di colleghi con i quali costruire una “comunità di (buone) pratiche”.

Questo è il messaggio che vogliamo rivolgere ai colleghi dell’Università, nel condividere forme di collaborazione che dovranno necessariamente tener conto del nuovo scenario dell’autonomia.

Le prospettive del sistema della formazione

L’avvio di una nuova stagione che affermi la centralità della formazione dei docenti per la qualità della scuola non può limitarsi a quanto previsto nel decreto legislativo 227/2005, in merito alla titolarità “universitaria” delle azioni di aggiornamento e di formazione in servizio, ma dovrà sviluppare alcuni concetti chiave che in questi anni sono stati più volte preannunciati, ma quasi mai concretizzati:

- la scuola dell’autonomia si caratterizza come laboratorio permanente per gli insegnanti;

- l’amministrazione e le scuole devono sostenere i progetti personali di formazione e la varietà dei percorsi di crescita professionale;

- alle norme amministrative vanno sostituiti standard predefiniti e certificazioni delle competenze;

- le associazioni professionali e disciplinari  rappresentano un’opportunità per la crescita di competenze, per la motivazione all’insegnamento;

- gli insegnanti esperti (tutor, formatori, figure intermedie, ecc.) sono una risorsa importante in quanto dispongono di capitali di conoscenze e di competenze da investire nella formazione.

Tutto questo, per potersi realizzare richiede la messa a punto di sistemi di garanzia (informazione, contrattazione, risorse, accreditamenti, standard, monitoraggio), cioè di precise condizioni che sostengano il diritto degli insegnanti e degli altri operatori ad una formazione continua di qualità. E’ quanto cerchiamo di fare come USR ER anche attraverso il prezioso apporto del sistema universitario, che vogliamo incrementare e sviluppare, utilizzando diverse forme di partenariato come quelle sperimentate nell’ambito del protocollo con Alma Mater.

Proprietà dell'articolo
data di creazione: 28/11/2007
data di modifica: 29/11/2007