Convegno a Forlì il 19 gennaio 2006: intervento di Lucrezia Stellacci

L’integrazione possibile: pratiche di innovazione e prospettive

I dati di una ricerca sui percorsi di istruzione e formazione professionali attuati nei primi tre anni della scuola secondaria di secondo grado. Il monitoraggio conferma la validità dei percorsi di istruzione e formazione professionali attuati da questa Regione; essi meritano di essere maggiormente potenziati nella prospettiva della costruzione del secondo canale previsto nella Riforma

 Rivolgo un apprezzamento per il Convegno e per le autorevoli relazioni svolte che hanno saputo fare il punto sulla situazione critica del sistema formativo nazionale, come rilevano i risultati che ormai da anni ci consegnano le indagini internazionali comparate, specie nel segmento dell’istruzione secondaria, e che forse, piaccia o non piaccia la Riforma appena approvata, chiede a tutti i decisori politici ed istituzionali un impegno straordinario.
Ricordo di aver iniziato il mio incarico di Direttore generale dell’Usr di questa bella regione, parlando in un convegno a Bologna organizzato dalla Regione sul tema delle buone pratiche di integrazione fra istruzione e formazione professionale realizzate ancora prima che fossero istituzionalizzate con il NOS e il NOF. Percorsi che in altre regioni suonavano come stranezze e che invece in Emilia Romagna si appellavano ad una lunga e nobile tradizione di cooperazione e di accoglienza.
Le leggi di riforma della scuola intervenute negli anni 90 (legge n.9/99 sul prolungamento dell’obbligo scolastico, la legge 144/98 sull’obbligo formativo, art.68, la stessa legge n.30/00 sulla riforma dei cicli) ne riconoscevano l’efficacia e la valenza innovativa ai fini di un miglioramento dei livelli di apprendimento degli studenti.
E’ tanto piaciuta e ritenuta originale questa tecnica di integrazione dei due sistemi di istruzione e formazione professionale, che il legislatore costituzionale ha voluto elevarla a canale alternativo ai percorsi di istruzione pura, assegnandone alla Regione la competenza esclusiva nella regolamentazione, fatti salvi i livelli essenziali delle prestazioni che restano allo Stato per tutti i diritti sociali e civili (Riforma del Titolo V della Costituzione, intervenuta nel gennaio 2001). E’ a tale Riforma, approvata sullo spirare della precedente legislatura, che si è ispirata la Riforma della scuola (53/2003) che nell’art.1 dispone:

·        la unitarietà negli obiettivi e nei livelli di apprendimento attesi in uscita, del secondo ciclo di istruzione e formazione,

·        la diversificazione nei percorsi, sistema dei licei e sistema dell’istruzione e formazione professionale, per incrociare le diverse vocazioni degli studenti,

·        garantendo a ciascuno di questi percorsi pari dignità educativa e culturale, (unico è il profilo educativo, culturale e professionale in uscita) e permeabilità reciproca.

Questi principi sono stati tutti assunti e sviluppati nel Decreto attuativo della Riforma della scuola secondaria di secondo grado, la cui attuazione dovrebbe decorrere dal 2007/8.

I percorsi di istruzione e formazione professionali attivati sulla base dell’Accordo Quadro del 19 giugno 2003 sancito in Conferenza unificata, successivamente articolato in un Accordo nazionale e regionale, per evitare che l’abrogazione dell’obbligo scolastico a 15 anni, cui ovviamente si erano adeguate le normative regionali sui sistemi di formazione professionale, senza l’approntamento in tempo reale del secondo canale dell’istruzione e formazione, potesse tradursi in una perdita secca di iscritti al secondo ciclo e quindi in una pesante causa di dispersione, ha rappresentato per questa Regione nei suoi tre anni di vita, l’attuazione graduale dell’innovazione prevista dalle leggi recenti, costituzionale, ordinaria e regionale, in continuità con il passato.
Una continuità che si evolve verso un futuro, che ci auguriamo più stabile e sereno anche nell’innovazione, cercando forme istituzionali sempre più efficaci e collaborative tra le diverse istituzioni per la lettura dei reali bisogni dei giovani ed il soddisfacimento delle istanze  di crescita della società.
Il monitoraggio dei percorsi integrati, svolto nel 2005 e relativo ai primi due anni di svolgimento dei suddetti corsi, pur nella consapevolezza della non scientificità dei risultati dato il breve periodo di osservazione, ha evidenziato:

·        «… il consolidamento del percorso integrato come opzione che si affianca alle altre (percorsi tradizionali) con pari dignità,… parrebbe farsi sempre più possibile la istituzionalizzazione del percorso integrato, e ciò sia dal lato degli allievi che da quello delle scuole».

·        «… i dati di successo sono l’altro elemento da segnalare. Forse può esserci un abbassamento degli standard attesi, ma non può essere trascurato il fatto che il mix tra sapere e saper fare (caratteristica specifica dell’integrazione) insieme alle pratiche connesse all’accoglienza, alla personalizzazione, al rispetto dei diversi tempi di apprendimento, siano fattori che hanno oggettivamente funzionato e che se così è, possono e debbono essere estesi e generalizzati a tutti»

·        una forte mobilità fra i percorsi tradizionali e quelli sperimentali che sono il risultato positivo di azioni di orientamento e di  motivazione allo studio che hanno accompagnato lo svolgimento dei percorsi.
 Dati che confermano la validità di questa strategia che a mio parere merita di essere maggiormente potenziata ed affinata nella prospettiva della costruzione di quel secondo canale previsto nella Riforma come rimedio alla soluzione dei mali cronici della scuola italiana, dal basso numero dei diplomati, agli alti tassi di dispersione, alle scadenti performances dei nostri studenti quindicenni.
Lo chiedono i Presidenti delle Consulte provinciali riuniti in Conferenza nazionale a Riccione nei giorni 12 e 13 gennaio che in un documento sollecitano l’attivazione concreta del secondo canale, auspicando formule davvero stimolanti ed attrattive, pena il fallimento di entrambi i percorsi. Lo chiede la società tutta che ha visto crescere il suo livello di sensibilità alla funzionalità del servizio pubblico della formazione e che reclama una scuola ed una Università in grado di trasformare l’Italia in un Paese protagonista di innovazione e di competitività reale. Lo chiede la Comunità europea che pur non potendo entrare nel merito degli ordinamenti scolastici, materia di riserva nazionale, pone  dei traguardi di livello formativo, sociale ed occupazionale che ci vedono ancora molto distanti e quasi disperati attesi i risultati delle recenti indagini internazionali comparate.

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data di creazione: 25/01/2006
data di modifica: 25/01/2006